Studenti in DDI, norma da rivedere
MMG e pediatri: «Incomprensibile il certificato di compatibilità alla didattica integrata»

Un certificato inutile, di cui non si comprende la logica, che andrà a sovraccaricare ancora di più il lavoro di medici di famiglia e pediatri e che, sotto il profilo economico, peserà anche nelle tasche delle famiglie. Queste le ragioni che hanno spinto FIMMG e FIMP, con il segretario nazionale Silvestro Scotti e il presidente nazionale Antonio D'Avino, a scrivere al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi - e, per conoscenza, anche al titolare della Salute Roberto Speranza e alla FNOMCeO - per chiedere un'indispensabile revisione della norma. «Dobbiamo evitare - sottolinea Silvestro Scotti - che ancora una volta a pagarne le spese siano i medici e i cittadini, i primi costretti a sacrificare tempo alle visite dei propri assistiti, i secondi, costretti ad attese estenuanti e spese del tutto inutili».
Il provvedimento in questione, contestato, è contenuto nel comma 4 dell’articolo 9 del DL N° 24 del 24 marzo 2022, ripreso poi anche nella circolare 410 diramata dal Ministero dell'Istruzione, in cui si dispone che studenti e alunni in isolamento perché positivi al Covid-19 possano seguire la didattica digitale integrata (DDI) su loro richiesta o di quella della famiglia, richiesta che però "deve essere accompagnata da specifica certificazione medica attestante le condizioni di salute dell'alunno e la piena compatibilità delle stesse con la partecipazione alla DDI".
E qui nascono parecchi problemi: medici e pediatri, infatti, dovrebbero certificare questa compatibilità, non la positività, di fatto già accertata. «Peraltro - sottolineano Scotti e D'Avino - o esponendosi al rischio di essere contagiati, trattandosi di pazienti positivi al Covid, o certificando senza visitare il paziente, il che è impossibile perché si commetterebbe un falso ideologico. I medici sono pronti ad esporsi al rischio di contagio, ma non per adempiere ad un atto burocratico peraltro inutile».
Altro problema di non scarso rilievo sotto il profilo deontologico e medico-legale: come stabilire questa compatibilità e che valore dare a questo certificato in una sindrome patologica estremamente variabile, soggettiva e suscettibile di improvvise e non prevedibili evoluzioni?
Questo certificato di compatibilità, poi - sostengono FIMMG e FIMP - non riguarda la salute pubblica o il contenimento della diffusione del contagio epidemico (già salvaguardati dall'isolamento domiciliare del ragazzo), bensì la compatibilità delle sue condizioni cliniche con la partecipazione alla DDI. «Difficile, per usare un eufemismo - dice il segretario Scotti - comprendere la ratio sulla base della quale il medico dovrebbe certificare questa compatibilità. Forse l’unica è quella di giustificare l'assenza dello studente, anche se in realtà lo studente o la famiglia possono tranquillamente non richiedere la partecipazione alle lezioni integrate».
Ultima nota dolente il costo per le famiglie, esposte a una spesa ingente per ottenere un certificato medico che appare francamente inutile.
Un pasticcio burocratico bello e buono, insomma, questa norma, una nuova spada di Damocle - così lo definiscono le due Federazioni - che incombe sull'assistenza sanitaria territoriale e che rischia di scaricare sui medici un ulteriore carico di adempimenti, per un certificato incomprensibile sia nella ratio sia nella sua attuazione pratica. Una norma - scrivono FIMMG e FIMP - che va assolutamente rivista, e presto, eliminando la necessità di questa certificazione.