Imprescindibile, per il sostegno del Servizio Sanitario Nazionale, la figura del medico di famiglia. Una figura nuova di medico, però, che, per continuare a garantire cure eque, di qualità e di prossimità e rispondere con efficacia alle nuove esigenze di salute della popolazione, non può più lavorare da solo, deve essere supportato da personale amministrativo e di segreteria, deve affrontare le sfide della tecnologia e dell’aggiornamento e declinare la propria professionalità anche in spiccate doti manageriali.
Questi i punti cardine del lavoro politico sindacale di FIMMG Venezia emersi durante l’ultima assembla provinciale, che si è svolta sabato 27 maggio al Novotel di Mestre e che, come ha spiegato Enrico Peterle, segretario della Continuità Assistenziale, vuole essere in primis un laboratorio di idee, uno spazio di confronto per capire se si sta andando nella direzione giusta.
Ad aprire i lavori è stato Malek Mediati, presidente della sezione veneziana ed eletto per acclamazione nell’ottobre 2022 anche presidente onorario della FIMMG nazionale, che ha illustrato ai partecipanti una novità importante promossa dal sindacato durante l’80esimo Congresso straordinario che si è svolto a Roma a fine marzo: l’istituzione, dopo una modifica dello statuto, del nuovo settore dedicato ai pensionati «che – ha sottolineato il dottor Mediati – sono una risorsa preziosa per la FIMMG perché il ricambio generazionale non è veloce e per lo scambio di competenze con i colleghi più giovani». Ci sono, infatti, conoscenze, storie e radici che vanno trasmesse a chi è appena entrato nella professione e deve essere accompagnato nel suo percorso lavorativo. Il presidente Mediati ha quindi passato in rassegna gli obiettivi e le finalità del nuovo settore, ma anche le opportunità e i vantaggi dei servizi offerti.
La parola è poi passata al tesoriere Paolo Sarasin che ha presentato il rendiconto economico 2022: la gestione dell’anno scorso si è chiusa con un saldo positivo di € 5.796,14, nonostante una certa contrazione delle entrate, dovuta ai molti pensionamenti; la situazione finanziaria della sezione è comunque sempre solida e adeguata a far fronte alle necessità operative. Il tesoriere ha quindi proposto all'assemblea la votazione del bilancio a termini di statuto per alzata di mano; l’assemblea lo ha approvato all'unanimità.
Intensa e ricca di stimoli la relazione del segretario provinciale Maurizio Scassola che, dati alla mano, ha prima tracciato un quadro della Medicina Generale in Italia, a confronto anche con gli altri Paesi europei, per poi scendere nel dettaglio del rinnovato dialogo, ancora informale, con la Regione Veneto al fine di arrivare a siglare un nuovo Accordo Integrativo Regionale (AIR).
«In Italia – ha detto subito – ci sono 70,2 medici di Medicina Generale ogni 100mila abitanti. Siamo dietro a Portogallo (274,3), Spagna (91,4), Francia (85,4), Regno Unito (74,6) e Germania (72). In Veneto i medici di assistenza primaria nel 2022 erano 2.776, in calo di 197 unità rispetto ai 2.973 del 2021».
Dati che parlano chiaro: i medici di Medicina Generale nella nostra regione sono pochi e saranno ancora meno nei prossimi anni. Sono 784 le zone carenti di medici di famiglia in Veneto, con picchi a Treviso e Verona – rispettivamente 155 e 209 le aree sprovviste di assistenza primaria – e 635 gli incarichi vacanti nella Continuità Assistenziale.
Colleghi, inoltre già un po’ avanti con gli anni, se praticamente in tutte le province la fascia d’età più rappresentata, dal 30 al 45%, è quella tra i 55 e i 64 anni, che hanno un numero medio di assistiti, almeno nel territorio di riferimento di Padova, di 1.774 e un numero medio di accessi all’anno di 16.715. «I dati di accesso ai nostri studi – ha aggiunto il segretario provinciale – dimostrano come la domanda di salute dei veneti sia in costante aumento e come, nonostante le gravi difficoltà della crisi pandemica e la scarsità di personale, la Medicina Generale, dando prova di grande disponibilità e sacrificio, sia stata capacedi sostenere il Sistema Sanitario Regionale garantendo ancora alla nostra regione il primo posto in Italia per standard di attività territoriale».
Equità nell'accesso ai servizi, qualità nell'assistenza, prossimità e tempo di cura devono essere i baluardi che guidano la politica sindacale e che, come stabilito dall’ACN 2016-2018, si possono concretizzare attraverso le AFT, Aggregazioni Funzionali Territoriali, che, in un territorio di 30mila abitanti e in un’ottica di prossimità, raggruppano medici di Medicina Generale, che si organizzano in maniera autonoma e sostenuti da personale di studio.
«Ognuno di noi – ha aggiunto il dottor Scassola – deve farsi carico di una parte del problema del gruppo. Il 40% dei colleghi ancora lavora da solo e questo non è più possibile: dobbiamo portare quel medico ad aggregarsi e se non è possibile, perché nel nostro territorio ci sono tante aree disperse, creare le condizioni affinché 3-4 medici insieme in una stessa area possano avere personale amministrativo e infermieristico con un ambulatorio di riferimento, ma che poi ruota negli altri studi per quote orarie. Questa è la proposta che abbiamo fatto alla Regione che poi farà le sue scelte e si assumerà le proprie responsabilità».
Tra gli obiettivi della proposta dunque:
E allora, proprio sul fronte del rapporto, ancora informale, finalmente ripartito con la Regione, grazie soprattutto al contributo e all'interessamento del nuovo direttore della sanità veneta Massimo Annicchiarico, già incontrato varie volte negli ultimi mesi, il segretario provinciale ha poi passato in rassegna i problemi ancora aperti e in discussione per arrivare al nuovo Accordo Integrativo Regionale: dai compiti delle AFT nella continuità delle cure al ruolo delle Medicine di Gruppo Integrate, che vanno preservate e potenziate, dalle risorse necessarie alla copertura del personale alla formazione e all’assistenza domiciliare.
«In questo momento storico – ha concluso Maurizio Scassola accennando anche al problema dell’abbandono precoce da parte dei giovani della scuola di specialità con un 20% che non termina il corso e un altro 20% che sceglie poi altre soluzioni professionali – vi chiedo davvero di mettervi in gioco, di investire sul vostro futuro accettando la sfida del cambiamento, collaborando con i colleghi e con le altre professioni, offrendo ai vostri pazienti un’organizzazione, percorsi di cura e prestazioni omogenee su tutto il territorio. Se investite sulla qualità della vostra vita professionale ne risentirà positivamente anche la vostra vita personale. Noi abbiamo gli stessi interessi della popolazione: qualità e protezione della nostra vita professionale significano anche qualità delle cure. Un nuovo modello organizzativo è una delle possibili soluzioni».
All'assemblea è stata poi data voce ai rappresentanti di settore, a partire da Enrico Peterle, segretario della Continuità Assistenziale, che ha approfondito però il tema del ruolo unico dell’assistenza primaria. «Il nostro compito – ha esordito subito – è pensare e pensare per tutti. Quello che pensi spesso è una bella idea che però non si può mettere in pratica. E allora l’assemblea deve essere anche un laboratorio».
Il primo dato di fatto è che «le 38 ore settimanali di lavoro che ci spetterebbero, noi il mercoledì sera le finiamo tutti. Il nostro problema è il contesto: la popolazione è invecchiata, i baby boomer sono entrati nell’epoca della cronicità, di soldi ce ne sono pochi, le reti familiari sono sempre meno. I miei accessi nel 2022 sono stati 16.400, nel 2020 erano 10mila, nel 2019 8mila. In tre anni abbiamo raddoppiato il numero dei contatti: la popolazione è intossicata di sanità».
I nuovi medici di famiglia, allora, dovranno lavorare su due fronti, in quota capitaria e quota oraria «con quest’ultima – ha spiegato il dottor Petterle – che diventerebbe un contenitore da riempire in base ai bisogni di domiciliarità del paziente, declinata su turni. Il nostro lavoro non si fa a ore: il paziente viene da noi perché di noi si fida. Bisogna far capire alla politica che la fiducia è importante perché fa risparmiare: noi non facciamo fare cose inappropriate al paziente». La quota oraria, insomma, si può fare, ma bisogna vedere quando e pensarci bene, altrimenti il sistema potrebbe anche esplodere.
Semplificazione e deburocratizzazione dell’attività dei medici di famiglia gli obiettivi da raggiungere per il 2023, indicati da Stefano Rigo, fiduciario per il territorio dell’Ulss 3 Serenissima, che ha però subito sottolineato come si ritrovi a combattere una battaglia quotidiana nei confronti dell’azienda e della realtà sanitaria regionale. «Per fortuna però – ha aggiunto – una logica condivisa c’è: il punto chiave su cui ci confrontiamo quotidianamente è la presa in carico del paziente da parte dello specialista, sostenuta anche dal decreto del Direttore Generale dell’Area Sanità e Sociale n° 34 del 10 marzo 2023, con l’aggiornamento delle linee di indirizzo regionale sulla continuità terapeutica ospedale-territorio».
Il dottor Rigo ha quindi passato in rassegna le logiche contenute in queste nuove indicazioni in particolare sulle prescrizioni dei medicinali, anche per trattamenti acuti, e sugli accertamenti clinici e sottolineato, dati alla mano, come effettivamente un certo impegno da parte degli specialisti ambulatoriali in questo senso stia diventando realtà.
Tanti, però, ancora i punti nevralgici. Un esempio di battaglia quotidiana è il pesante braccio di ferro, che va avanti ormai da due mesi, con il Centro di Disturbi Cognitivi e Demenze per imporre ai medici di famiglia un PDTA pubblicato dalla Regione nel 2016. «Ho cercato in tutti i modi – ha spiegato il fiduciario – di far capire loro che dal 2016 è cambiato tutto: le modalità prescrittive, la gestione del paziente, il confronto con i caregiver… La soluzione prospettata è l’applicazione del PDTA, che il CDCD comunicherà ai medici con una lettera, chiedendo loro di fare in sostanza tutto il lavoro di pianificazione che dovrebbe fare invece il Centro. Noi diciamo no: abbiamo la necessità di confrontarci in maniera reale e corretta».
Uno sguardo finale da parte del dottor Rigo anche alla trattativa legata alle Medicine di Gruppo Integrate, sospesa al momento in attesa dell’AIR, alla prescrizione dei presidi per incontinenza, all'unificazione delle piattaforme regionali e al problema della formazione, la cui importanza da far recepire all'azienda è stata ancora motivo di lotta. Alla fine, però, sono state inserite nel patto aziendale le istanze della Medicina Generale, con la definizioni di 4 incontri formativi obbligatori nell'arco dell’anno e la disponibilità alla formazione in caso di eventi improvvisi.
La situazione nel territorio dell’Ulss 4 Veneto Orientale è stata, infine, illustrata, per conto del fiduciario Luigi Xausa, da Francesca Vazzoler, medico di famiglia in una medicina di gruppo a San Donà di Piave che, diversamente da quanto accade nella Serenissima, ha parlato invece di «un rapporto di grande rispetto della categoria da parte dell’azienda che prima di imporci qualsiasi nuovo onere ci coinvolge nelle scelte».
In Veneto Orientale, inoltre, la FIMMG può contare sul lavoro di un gruppo giovani «molto compatto e motivato – ha detto la dottoressa – che si incontra a cadenza regolare per affrontare tutti i problemi che creano maggiore incertezza: le certificazioni, l’ACN, le normative, gli aspetti fiscali… Aspetti che vengono dati per scontati e non lo sono affatto».
La necessità di condividere con i colleghi i casi clinici complessi, l’essere sempre più spesso additati come i medici che fanno troppe prescrizioni inappropriate, la realtà del centro storico di Venezia, dove nessuno vuole più lavorare per i costi inaccessibili e da identificare quindi come zona disagiata, la formazione da rendere più efficiente e moderna anche all’interno del sindacato stesso, con un occhio di riguardo in particolare alla tecnologia, alla medicina personalizzata e a quella preventiva, con un approccio collaborativo e un lavoro di squadra tra professionisti sanitari, la necessità di far funzionare e implementare il fascicolo sanitario elettronico per facilitare il lavoro quotidiano, le richieste di prescrizioni a posteriori da parte di assicurazioni o privati, il terreno sotto i piedi dei medici di famiglia continuamente eroso dall’assegnazione di servizi e competenze ad altri professionisti, tra i temi emersi durante la discussione plenaria.
«Non c’è una cosa più stupida – ha sottolineato il presidente Mediati chiudendo i lavori dell’assemblea – che gestire la burocrazia ai costi della sanità: è stupido far fare a un medico tanta burocrazia e pagarlo per questo. Un impiegato potrebbe fare le stesse cose a costi molto inferiori. Il medico deve essere messo nelle condizioni di fare meglio il suo lavoro. Ed è su questo che dobbiamo ottenere risultati».