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L'omaggio alla dottoressa Sinjab

Ufficio stampa • 9 aprile 2024

Mira dedica un bosco urbano a Samir Sinjab, primo medico veneziano ucciso dal Covid

Non si è mai tirata indietro, seguendo i suoi pazienti fino all'ultimo. Tenendo fede al suo impegno di medico di famiglia, professione che amava e a cui si è dedicata sempre con dedizione e passione. A 4 anni esatti dalla morte, questa mattina, martedì 9 aprile 2024, il Comune di Mira ha intitolato un bosco urbano di un ettaro in via Verga, con oltre un migliaio di piante, alla dottoressa Samar Sinjab, morta nell’aprile 2020, primo medico ucciso dal Covid nel veneziano e centesimo in Italia.

Oltre al sindaco Marco Dori, alla cerimonia erano presenti i figli Rafi e Dania, anche loro medici com’era pure il papà Omar, Massimo Zuin, direttore dei Servizi Socio-Sanitari dell’Ulss 3 Serenissima, Stefano Vianello, direttore del Distretto Mirano-Dolo e Giovanni Leoni, presidente dell’Ordine lagunare dei Medici, che ha ricordato come in quei giorni i medici affrontassero il Covid a mani nude, senza protezioni, con impegno e professionalità, senza mai abbandonare i pazienti.

«La dottoressa Sinjab – ha sottolineato il sindaco Dori – è un esempio: una persona che si è spesa fino in fondo, forse anche andando oltre il dovere. Ha perso la vita perché con la pandemia non si è ritirata, non è fuggita dai propri doveri e, per seguire i suoi pazienti, si è ammalata. Qui, lei e i suoi figli sono molto amati: quando un medico dà tutto se stesso raccoglie sempre tanto affetto».


Proprio dal legame con le radici profonde rappresentate dalla famiglia e dalla comunità è partito per le sue riflessioni il segretario di FIMMG Veneto Maurizio Scassola, presente alla cerimonia a nome di tutti i medici di famiglia, categoria a cui apparteneva la dottoressa Sinjab.

«Uno dei sensi più importanti della nostra vita di medici – ha spiegato – è la nostra famiglia, le sicurezze che ci danno i nostri cari e la comunità nella quale viviamo e lavoriamo. Tanto più è solido e profondo questo lavoro di relazioni, tanto più noi lavoriamo sereni, protetti. Samar aveva una famiglia solida, con radici profonde, una famiglia capace di crescere e rinnovarsi».

Un’occasione, però, questa cerimonia, anche per ricordare le difficili condizioni in cui lavorano oggi i medici di Medicina Generale e la necessità di un cambiamento profondo. «Dobbiamo pretendere – ha aggiunto il dottor Scassola – di lavorare in sicurezza, di lavorare in maniera dignitosa, di essere organizzati in maniera protettiva. E poi l’ascolto, tanto caro alla dottoressa Sinjab, sempre attenta e accogliente. L’ascolto è molto importante, dobbiamo ascoltare le parole che ci porta la persona che entra in studio per descrivere il suo bisogno. Un medico di famiglia attento, coscienzioso, che ascolta, è un medico di famiglia che ha fatto già il 90% del proprio lavoro».


Grande emozione da parte dei figli Rafi e Dania nello scoprire la targa che dedica il bosco alla loro mamma. «Mamma – ha ricordato Rafi, medico di famiglia che ha ereditato di pazienti di Samar e medico legale – si è sempre spesa per i suoi pazienti: per lei non esistevano ferie, il telefono era sempre acceso... Come recita l’inno di Mameli che abbiamo appena sentito, “siamo pronti alla morte, l’Italia chiamò”: è quello che ha fatto mamma. Non sapevamo cosa fosse questa bestia, il Covid, non avevamo nulla per proteggerci, ma lei non si è mai tirata indietro. La scelta e il collocamento di questo bosco urbano non può essere niente di più bello: vicino alle scuole, vicino a dove continua la vita».

Una donna e un medico, però, che, secondo i figli, non ha fatto in realtà nulla di eroico, solo il proprio dovere. «Alla fine mia mamma – ha aggiunto la sorella Dania, pediatra – non ha fatto niente di che. Era un medico semplice, umile, che lavorava con tanta passione e tanta dedizione. Lei non ha fatto niente di diverso da quello che facciamo noi medici. Ricordarla oggi qui, con questa cosa meravigliosa, mi fa pensare che tutti i sacrifici che ha fatto per questa comunità saranno in qualche modo ricordati per sempre».

«Questo è un luogo simbolico e significativo – ha concluso il sindaco Dori – questo bosco urbano, che presto darà aria pulita alla città, è la vita che rinasce. La vita che continua. La vita di domani».

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