FIMMG_Incontra a Mestre
Mestre e Marghera al passo grazie alle medicine di gruppo: ora la sfida della cronicità

Un’occasione preziosa per presentare le ipotesi in ballo di riforma delle cure territoriali a una popolazione pressoché ignara di quello che avverrà nell’immediato futuro. Ma anche un momento fondamentale per spiegare le criticità che vivono nel loro lavoro quotidiano i medici di famiglia e per ascoltare le critiche e i suggerimenti dei cittadini, dei rappresentanti delle istituzioni e del mondo del volontario. Questo è stata, in un confronto serrato di oltre 3 ore, la tappa mestrina di FIMMG_Incontra, organizzata lo scorso 15 maggio al Centro Culturale Candiani da FIMMG Veneto nell’ambito del progetto itinerante promosso proprio per ragionare e discutere con i territori della riorganizzazione della Medicina Generale.
Ad accogliere i numerosi partecipanti il segretario regionale e provinciale veneziano di FIMMG Giuseppe Palmisano che ha subito illustrato gli obiettivi di questi appuntamenti: raccogliere i diversi bisogni nei diversi territorio e, soprattutto, trovare soluzioni efficaci e condivise proprio a queste esigenze.
In sala anche alcune autorità che hanno accettato l’invito di FIMMG, a partire da Raffaele Pasqualetto, presidente della Municipalità di Mestre Carpenedo, che ha da subito sostenuto l’iniziativa con grande entusiasmo, mettendo anche a disposizione la sala. «Questo incontro – ha spiegato – ci serve per non far cadere nel nulla le informazioni che ci arrivano dai malati e dai cittadini, le loro raccomandazioni, i loro suggerimenti e anche le loro critiche. Vorrei rilanciare anche a livello di commissione di municipalità, per andare a vedere assieme direttamente alcune problematiche molto importanti. Perché sono convinto che le istituzioni devono organizzarsi tenendo conto delle realtà esistenti nel territorio, ma anche la progettazione della città deve tener conto delle esigenze, dell’età delle persone, dell’urbanistica, di tutto ciò che può essere utile a formulare un rapporto corretto tra il il medico e l’utente».
Preziosa in sala anche la presenza di due esponenti regionali, Annamaria Bigon e Lucas Pavanetto, vicepresidente e componente della quinta Commissione Sanità Regione Veneto, che hanno sottolineato l’importanza che i medici di Medicina Generale, baluardi della sanità pubblica, rivestono nel territorio in termini di prossimità, di rapporto di fiducia e di presa in carico. «I medici di famiglia, però – ha detto Annamaria Bigon – mancano e così tanti si rivolgono al pronto soccorso con tutte le conseguenze che sappiamo. Altri presto andranno in pensione. Quindi una delle cose da fare è rendere molto più attrattiva questa professione che merita tanto».
«Su alcuni temi – ha aggiunto il commissario Lucas Pavanetto – bisogna lavorare in sinergia. Sul fronte della sanità bisogna gettare il cuore oltre l’ostacolo e proporre iniziative il cui risultato non è la programmazione da qui a un anno, ma ciò che si vedrà fra 10 anni. A noi naturalmente il compito di ascoltare le esigenze dei professionisti e le proposte che arrivano dai vostri tavoli. Che poi, però, vanno messe in pratica».
A prendere la parola anche uno dei più grandi sostenitori di FIMMG_Incontra, il presidente della Conferenza dei sindaci dell’Ulss 3 Serenissima Andrea Martellato, presente praticamente a tutte le tappe, che ha sottolineato come «l’obiettivo della FIMMG, ma anche di noi amministratori sia quello di ascoltare per poi fare le scelte migliori. C’è tutto un cambiamento che le istituzioni stanno cercando di fare a impatto zero per le ricadute sui cittadini e solo condividendo le problematiche possiamo prendere la strada migliore. Solo ascoltando e capendo le necessità del territorio possiamo fare meno errori».
In sala, infine, anche Nicoletta Ongarato, consigliera della Municipalità di Marghera dove sta sorgendo una delle Case della Comunità della terraferma veneziana, «che speriamo – ha spiegato – possa portare beneficio alla cittadinanza in un’area abbastanza impegnativa sotto il profilo sociale».
Tra avvio anche nel veneziano delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), prossima apertura delle Case e degli Ospedali della Comunità, alcune strutture quasi pronte, altre in costruzione, e passaggio al ruolo unico che riunisce i medici di famiglia e quelli di Continuità Assistenziale, a delineare il contesto generale in cui si muove oggi la Medicina Generale e le sfide per il futuro sono stati i vertici di FIMMG Venezia. Il segretario Giuseppe Palmisano ha approfondito diversi temi tra cui:
- lo status professionale del medico di famiglia, oggi libero professionista in convenzione ma che le Regioni vorrebbero dipendente dalle aziende sanitarie;
- l’invecchiamento della popolazione che porta a un numero sempre più alto di malati cronici da gestire e a cui dare risposte;
- la necessità di personale di studio, di fondamentale supporto ai medici;
- l’eccessivo carico burocratico, che toglie tempo all’ascolto e alla cura;
- il bisogno di educare la popolazione a un accesso corretto ai servizi;
- il numero unico europeo per le cure non urgenti 116117, la cui sperimentazione partirà a breve anche nel territorio della Serenissima;
- l’ottimo funzionamento, in Veneto, delle medicine di gruppo integrate come modello delle future Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT);
- l’aumento massiccio del numero di pazienti per ogni medico di famiglia che sta mandando in crisi l’assistenza e la qualità delle cure;
- la capillarità, oggi a rischio, degli ambulatori dei medici di famiglia che garantisce la prossimità anche nelle aree più disagiate e il rapporto fiduciario con gli assistiti.
Ai due fiduciari di FIMMG Venezia per l’Ulss 3 Serenissima, invece, il compito di dare concretezza alla riforma di cui si sta discutendo, entrando nei dettagli. A partire da Cristiano Samueli, che ha subito sottolineato come Mestre, rispetto alla laguna, sia in realtà un’isola felice della Medicina Generale per la presenza di 4 medicine di gruppo integrate, per un totale di 28 professionisti, di ben 17 medicine di gruppo semplici, con 73 camici bianchi operativi, e un unico medico che ancora lavora da solo. In questa parte di terraferma saranno 4 le AFT che prenderanno avvio – a Marghera, Favaro, a Chirignago e Zelarino e a Carpenedo e Mestre Centro – e tre le Case della Comunità, in via Cappuccina a Mestre, all’ex distretto di Favaro e a Marghera (in costruzione).
Partendo dal principio che le Case della Comunità sono per FIMMG solo il punto di approdo della riorganizzazione delle cure territoriali e che lo snodo vero per l’efficacia dell’assistenza è rappresentato dalle AFT – che mettono in rete anche i medici che lavorano da soli e che servono, ognuna, un bacino di 25mila abitanti – il fiduciario ha così passato in rassegna le caratteristiche di tutte le diverse strutture e le norme che le regolano: la distinzione tra Case della Comunità hub e spoke, ad esempio, i diversi servizi e i diversi professionisti che dovranno contenere le nuove strutture, il ruolo che i medici di famiglia giocheranno al loro interno e le regole comuni – in molti casi ancora da scrivere – per delineare il funzionamento delle AFT.
L’altro fiduciario Luca Barbacane si è soffermato, invece, sulle possibili criticità che la riforma nasconde. La prima: la difficoltà di condividere in piena sicurezza i dati sanitari dei pazienti, che sono dati sensibili, se si pensa che già ora poco si parlano le piattaforme e i gestionali usati da medici di famiglia diversi. Una condivisione che sarà, invece, fondamentale nelle AFT e nelle Case della Comunità, che vogliono garantire l’assistenza 7 giorni su 7 e 12 o 24 ore al giorno e in cui i camici bianchi devono poter accedere alle cartelle dei pazienti dei colleghi. «Servono dunque – ha sottolineato il dottor Barbacane - regole stringenti di sicurezza affinché i dati siano assolutamente protetti».
Altra criticità: capire esattamente cosa andranno a fare i medici di famiglia nelle Case della Comunità e come si riuscirà a non snaturarne il ruolo, che ha tra i suoi principi cardine il rapporto continuativo e di fiducia con il paziente. «Non possiamo diventare – ha detto il fiduciario – né medici dell’emergenza, né pronto soccorso, né niente di diverso da quello che siamo». E poi: quali pazienti approderanno nelle Case della Comunità? Quelli cronici, probabilmente, ma anche su questo punto per ora non c’è chiarezza. Di sicuro non potranno diventare il luogo in cui chiunque si presenta liberamente per qualsiasi necessità. Da sciogliere, infine. il nodo della presenza degli specialisti nelle nuove strutture, al momento ancora molto fumosa.
Ad illustrare, invece, la realtà attuale sul campo alcuni medici di famiglia operativi nella prima terraferma veneziana. Si è partiti da Mestre con Christian Cirone e Jacopo Scaggiante, impiegati nella medicina di gruppo integrata di via Cappuccina con altri 8 colleghi, 7 segretarie e 4 infermieri, per garantire un’apertura continuata dalle 8 alle 20. Un punto di riferimento per i pazienti, in particolare per quelli cronici che accedono spesso agli ambulatori, grazie all’attivazione dei PDTA, i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, per il diabete e la terapia anticoagulante orale, e la dotazione di spirometro ed elettrocardiografo, forniti dall’azienda sanitaria.
Una struttura che fornisce in totale 40mila visite ambulatoriali all’anno, quindi 4mila per ogni singolo medico. «A cui aggiungere poi – ha spiegato il dottor Cirone – chi ci porta i referti, chi ce li invia, le telefonate, 2.735 quelle a cui ho risposto nel 2024, le chat, le visite domiciliari e le richieste di farmaci, le mie un centinaio le prime, 7.500 le seconde». Importanti carichi di lavoro, insomma, che aumentano durante la stagione fredda per poi discendere in quella estiva e che vedono il lunedì come la giornata più critica per richieste e accessi agli ambulatori.
Il valore aggiunto di questo tipo di organizzazione – che i medici definiscono «potentissima ed efficientissima» – è la garanzia per il paziente di essere preso in carico per un bisogno urgente di salute – un certificato INPS, un dolore addominale, bruciori o arrossamenti, vertigini… – anche se il suo curante non è in studio.
Ad accedere agli ambulatori di via Cappuccina, poi, tra i 16mila assistiti ci sono anche tanti stranieri. «Mestre – ha spiegato il dottor Scaggiante – è molto cambiata negli ultimi anni, ha dato spazio all’integrazione, all’arrivo di di comunità nuove. Avere tanti pazienti stranieri per me è un onore e un onere: diventano di sicuro un impegno in più, ma non un carico di cui dobbiamo avere paura. C’è chi non parla italiano e cerca di spiegarti che ha un infarto in atto. Non è semplice».
Burocrazia da snellire e diagnostica da potenziare tra le criticità con cui si fanno i conti anche in un modello di così alta organizzazione. «Il nostro lavoro – i buoni propositi dei due professionisti – è complesso, dobbiamo affrontare tante sfide. Ma noi medici non possiamo fermarci, dobbiamo puntare a un’unione ancora maggiore, alle AFT. Anche noi dobbiamo evolverci, uscire dal concetto del medico della mutua di Alberto Sordi e presentarci anche al al di fuori dei nostri ambulatori».
La parola poi ai referenti della medicina di gruppo integrata di Marghera, Simone D’Agostino e Federico Cesaro, anche vice fiduciario di FIMMG Venezia per l’Ulss 3 Serenissima, operativo fin dal 1980 nella città giardino dove vivono 28mila persone e il cui territorio comprende anche il porto, la zona industriale fino alla gronda lagunare. «Una realtà – ha precisato il dottor Cesaro – tutto sommato privilegiata, i cui confini sono chiari e la cui popolazione residente può sovrapporsi al bacino di un’AFT. Gli over 65 sono quasi 6.700, un quarto del totale, ma su 13mila famiglie, ne abbiamo quasi 6.300 monocomponenti. E la persona sola, certo, può essere anche giovane, ma è più spesso anziana, senza un nucleo familiare di riferimento. E questo mi spaventa».
Otto i professionisti impiegati in questa struttura, la cui sede è a un centinaio di metri dalla futura Casa della Comunità che si sta costruendo, altri 5 in un’altra importante medicina di gruppo nell’area tra Catene e Villabona e infine altri due colleghi in medicina di rete e uno operativo a Malcontenta. «Facendo due conti della serva però – ha sottolineato il dottor D’Agostino – pensando cioè a 1.500 pazienti per 16 medici uguale 24mila abitanti, sono 4mila i cittadini di Marghera potenzialmente senza medico di famiglia. E non sono pochi».
Tra i servizi di cui, però, possono usufruire i pazienti, anche grazie al supporto del personale di studio, ci sono anche qui i PDTA, la gestione delle cronicità e l’attuazione dei programmi di prevenzione. Circa 400 le ricette emesse al giorno, altrettante per ogni medico le vaccinazioni contro l’influenza somministrate in circa un mese e mezzo, 50mila le visite ambulatoriali, più o meno 25 al giorno per ogni camice bianco, 500 le telefonate al giorno a cui rispondere.
«Di fatto – hanno spiegato i due medici di famiglia – noi siamo già una piccola AFT. La Case della Comunità sarà semplicemente una forma un po’ più strutturata, definita e delineata di quello che noi già stiamo facendo. Avendo poi nella stessa sede magari il CUP, i servizi sociali, la diagnostica e gli amministrativi si perderà di sicuro meno tempo». Anche se non è ancora chiaro chi andrà ad operare nella nuova struttura di Marghera: tutti e 16 i medici? Solo la medicina di gruppo integrata? Le forme associative sì, i medici singoli no? «Questo – hanno concluso i dottori Cesaro e D’agostino – dovremo deciderlo insieme, soprattutto con l’amministrazione locale. Perché dato che l’ossatura sanitaria c’è, dobbiamo essere bravi noi e la politica a fare sistema e permetterci di fare meglio ciò che già facciamo».
Ultima ampia parte dell’incontro dedicata alla discussione pubblica, alle richieste di chiarimento, alle critiche, ai suggerimenti, in cui sono intervenuti anche il presidente dell’AVIS lagunare Fabio Reggio, Mariagrazia Salviato e Tony Marra, guida e referente dell’Associazione Parkinsoniani Associati Venezia, e Anna Tagliapietra, consigliera di Avapo Venezia.
Tra gli spunti emersi:
- la necessità di mantenere medici di famiglia che mettano insieme l’aspetto umano, quello professionale e quello della vicinanza al paziente;
- l’idea di non trasformare i pazienti in palline da ping pong tra ambulatori e Case della Comunità;
- il bisogno di incontrarsi tra esperienze diverse per mettere a punto protocolli PDTA e buone pratiche;
- le difficoltà, spesso e volentieri, a contattare al telefono il medico curante;
- la paura da parte dei pazienti di non essere ascoltati e seguiti;
- l’infinita burocrazia che intasa anche le cure oncologiche;
- la necessità di rilanciare il rapporto di fiducia, sempre più sfilacciato, tra il medico di famiglia e gli assistiti;
- l’occasione mancata di potenziare le medicine di gruppo, modello organizzativo efficace ed efficiente;
- il bisogno da parte dei pazienti di prossimità, «di essere presi per mano e aiutati»;
- il rischio che nelle Case della Comunità i medici siano troppo lontani dalle persone;
- il bisogno da parte del medico di famiglia di aver personale di studio preparato e formato ad hoc.
«La cosa più interessante – la sintesi di Maurizio Scassola, ex segretario di FIMMG Veneto e FIMMG Venezia – è lo scambio che c’è stato tra di noi stasera, con tanti punti di vista diversi. Abbiamo scattato una fotografia di quello che siamo in questo momento e di quello che vorremmo essere. C’è un dato drammatico: quel 37% di medici di famiglia che in Veneto lavora ancora da solo. La riforma deve partire da qui: strutturando loro e investendo sul personale si costruisce tutto il resto. Abbiamo la forza, il coraggio e la volontà per conquistare l’obiettivo».
La riorganizzazione delle cure territoriali, dunque, è
una scommessa che FIMMG è pronta ad accettare, «chiediamo però – ha concluso il segretario Palmisano – l’aiuto delle istituzioni
per riuscire a svolgere di più e meglio le nostre attività di cura. Se perdiamo questo momento,
perdiamo tutti. Perde il servizio sanitario, perde la relazione, perde la fiducia tra medico e assistito». A rischio, insomma, un o dei baluardi più importanti della sanità pubblica.